La banda e il suo regolamento
Nata nella prima metà del XIX secolo, la Banda concertistica comunale di Frosinone (oggi intitolata ad Antonio Romagnoli) si è strutturata in maniera più organica nella seconda metà di quello stesso secolo, grazie anche al contributo di una serie di maestri concertisti esperti, fra i quali Antonio Mazzoleni, Amos Pancaldi e, a più riprese, Luciano Macioci.
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Il Consiglio comunale ne ha regolamentato l’attività per la prima volta nel 1905. Il relativo Regolamento, formato di 22 articoli, si soffermava sulla carica e sulle prerogative del “Maestro-Direttore”, sull’accesso e sul profitto dei “Musicanti”, sulle misure disciplinari, sulla figura del “Bidello” e sulla Commissione di vigilanza.
Il Maestro era prescelto dallo stesso Consiglio comunale tra una terna di candidati, i quali dovevano essere in possesso della patente rilasciata da un Istituto musicale e non avere più di 40 anni. La nomina, che era di durata annuale e comunque rinnovabile, garantiva uno stipendio lordo di 1.200 lire annue. Il Maestro aveva l’obbligo di fare lezione agli allievi, di adoperarsi affinché la banda rispondesse “alle esigenze ed al decoro del paese”, di vigilare sulla corretta conservazione degli strumenti e sull’osservanza del regolamento. Due volte a settimana doveva dirigere le prove generali, facendo eseguire almeno cinque nuovi pezzi di musica all’anno e venti tra marce e ballabili. Aveva l’obbligo di dirigere il complesso bandistico nel corso di tutte le occasioni pubbliche, di svolgere servizio in piazza due volte al mese, dal 1° maggio al 31 ottobre, e durante le seguenti ricorrenze: 8 gennaio (nascita della Regina Elena); ultimo giorno di carnevale; prima domenica di giugno (giorno dello Statuto); 19 e 20 giugno per S. Silverio; 5 e 6 agosto per S. Ormisda; 18 agosto (onomastico della Regina Elena); 20 settembre (breccia di Porta Pia); 11 novembre (nascita del Re); 20 novembre (onomastico della Regina Margherita).
La banda doveva essere composta da 30 musicanti effettivi, divisi a seconda delle capacità in tre classi, ognuna delle quali prevedeva un compenso decrescente dalla prima alla terza, cioè da 50 a 30 lire. Era obbligo dei concertisti intervenire alle prove e agli eventi, vestendo decentemente in pubblico, tenendo un comportamento disciplinato e mantenendo sempre in ordine lo strumento. Fra i musicanti di prima classe veniva nominato annualmente un capo-banda, che percepiva dieci lire in più degli altri. Il complesso bandistico disponeva anche di una scuola per gli allievi, che erano tenuti a frequentare le lezioni e a trarne profitto, per poter diventare un giorno musicanti, previa valutazione positiva del Maestro.
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APPROFONDIMENTI
A.M. Corbo, Le bande musicali del Lazio nel Risorgimento, Edilazio, Roma 2001, pp. 90-91.
M. Federico, Frosinone alla fine dell’Ottocento, storia politica e sociale della città tra l’800 e il ‘900 dall’annessione al Regno d’Italia all’attentato al re Umberto I, vol. I (1870-1900), La Multigrafica, Frosinone 2016, p. 126.
Le origini del Concerto armonico di Frosinone (1839-1859) sul sito “Il Teatro nel Lazio” del Mic.
La storia della Banda concertistica “Antonio Romagnoli” sul sito BandaMusicale.it
La concessione dell’elettricità
Il Consiglio comunale di Frosinone si occupò in più occasioni, dalla fine dell’Ottocento, dell’introduzione dell’energia elettrica al posto del petrolio, per l’illuminazione cittadina sia pubblica che privata.
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Il Consiglio comunale di Frosinone si occupò in più occasioni, dalla fine dell’Ottocento, dell’introduzione dell’energia elettrica al posto del petrolio, per l’illuminazione cittadina sia pubblica che privata. All’inizio del XX secolo, e in particolare nelle sedute del 28 marzo e 22 aprile 1901, riuscì ad approvare un apposito Capitolato, che avrebbe rappresentato il primo passo dell’iter per appaltare il nuovo servizio.
Secondo il contratto, che prevedeva una durata quarantennale, il concessionario avrebbe dovuto costruire a proprie spese l’impianto. Non importava tanto che questo fosse stato a vapore, idraulico o a regime misto, quanto che avesse avuto una potenza tale da soddisfare i bisogni della popolazione e di eventuali richieste per scopo industriale. In cambio della concessione, il Comune si impegnava a pagare la somma di 8.000 lire annue.
Più nello specifico, il concessionario aveva l’obbligo di fornire le lampade per la pubblica illuminazione, con una dotazione di 5.500 candele, che dovevano essere numerate e recare l’indicazione della potenza, mentre spettava al Comune deciderne collocazione e durata di accensione. Inoltre, doveva illuminare gratuitamente sia la sede municipale, sia l’orologio pubblico che un tempo si trovava sul palazzo dell’odierna Prefettura. In caso di interruzione del servizio per cause di forza maggiore, e nell’impossibilità di una riattivazione immediata, lo stesso concessionario avrebbe dovuto supplire con l’illuminazione a petrolio entro tre ore.
A differenza dei luoghi pubblici, che sarebbero stati illuminati dal “tramonto al levar del sole”, i privati avrebbero beneficiato di due ore in più di luce, ossia da un’ora prima che sorgesse a un’ora dopo che tramontasse il sole. Facevano eccezione le lampade ad arco presenti nei luoghi pubblici, che restavano accese fino alle ore 22.00 nei mesi da ottobre a marzo, fino alle ore 24 negli altri mesi, e in alcune occasioni, come le vigilie di Natale, capodanno e la Pasqua, tutta la notte.
Il Consiglio comunale approvò anche il Regolamento per l’istallazione dell’energia elettrica per i privati. Il costo della distribuzione poteva essere a forfait o a consumo (con contatore): nel primo caso il prezzo era di mezzo centesimo al giorno e per ogni candela normale, senza limiti nell’arco orario sopra indicato; nel secondo caso, il prezzo non poteva superare 8 centesimi per ettowat-ora.
Nonostante l’approvazione del capitolato, Frosinone dovette attendere sino all’aprile 1907 per vedere i primi lampioni ad elettricità: la società concessionaria (R. Ottavi e C.), costituita l’anno prima a Roma, utilizzò per lo scopo la centrale idroelettrica dell’Anitrella (Monte San Giovanni Campano), che sfruttava un “salto” sul fiume Liri dell’altezza di 22 metri.
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APPROFONDIMENTI
M. Federico, Frosinone alla fine dell’Ottocento, storia politica e sociale della città tra l’800 e il ‘900 dall’annessione al Regno d’Italia all’attentato al re Umberto I,, vol. I (1870-1900), La Multigrafica, Frosinone 2016, pp. 283-291.
Notizie sui principali impianti elettrici d’Italia,, Associazione fra esercenti imprese elettriche in Italia, Milano 1911, pp. 73 e 96.
Le scuole elementari
All’inizio del Novecento, l’anno scolastico aveva una durata di 10 mesi, interessando il periodo dal 1° ottobre al 31 luglio. Ne dà conto il “Regolamento per le scuole elementari” adottato dal Consiglio comunale di Frosinone nel 1906, con il quale si recepivano anche i dettami della riforma scolastica introdotta un paio di anni prima dalla cosiddetta “Legge Orlando” (Legge 8 luglio 1904 n. 407).
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La riforma aveva esteso l’obbligo dell’istruzione elementare fino alla quarta classe. Allo stesso tempo, aveva introdotto le classi quinta e sesta, un livello superiore di insegnamento, in cui si insegnavano, tra le altre, materie come italiano, storia d’Italia del XIX secolo, morale civile, geografia generale ed economica, nozioni di geometria, di contabilità, di scienze naturali, fisiche e d’igiene.
Ogni classe doveva avere un insegnante effettivo, cioè di ruolo. Per insegnare, occorreva superare un concorso per titoli, riservato a candidati in possesso dell’abilitazione e con un’età non superiore ai 30 anni (ad eccezione dei titolari di cattedra nella scuola pubblica).
Il docente doveva sottostare a una serie di obblighi e divieti. All’entrata degli studenti in classe, per esempio, doveva prestare attenzione a che fossero rispettate le principali norme igieniche e di pulizia. Doveva tenere in ordine il registro, indicando quotidianamente gli argomenti delle lezioni svolte e dei compiti assegnati, nonché le assenze ingiustificate. Non poteva portare a scuola libri o oggetti che non fossero strettamente legati alla lezione, durante la quale non poteva parlare di argomenti estranei all’insegnamento e all’educazione. Non poteva accettare regali di qualsivoglia natura, né impartire lezioni private agli scolari della propria classe.
Gli alunni, per iscriversi alle scuole elementari, dovevano aver compiuto 6 anni e non aver superato i 12, aver già sofferto di vaiolo o esserne stati vaccinati. Il ritardo alle lezioni per due volte comportava un’ammonizione, mentre alla terza scattava l’avviso alla famiglia e una nota di demerito. Si poteva incorrere in ulteriori sanzioni, tra le quali la separazione dai compagni, la sospensione fino a un massimo di 8 giorni e, in casi estremi, l’espulsione.
Ma potevano essere anche premiati. I migliori studenti potevano ricevere, infatti, la lode, gli attestati di lode o i premi annuali. Questi ultimi venivano conferiti superando, con una media di nove decimi, un esame su alcune materie obbligatorie. Il premio consisteva nei libri necessari per l’anno scolastico successivo o in buoni per l’acquisto di libri di lettura.
Gli esami di fine anno si svolgevano, in genere, per essere promossi alle classi 2ª, 3ª, 5ª e 6ª, o per conseguire la maturità (esame speciale alla fine della quarta classe, per chi intendesse proseguire gli studi) o la licenza alla fine della sesta classe.
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Il Consiglio comunale delle origini
Una fonte preziosa per ricostruire la storia post-unitaria della città di Frosinone è costituita dalle deliberazioni del Consiglio comunale e della Giunta municipale dal periodo successivo all’unificazione nazionale.
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I corrispondenti verbali sono stati rilegati in ordine cronologico e per annate consecutive, a formare 48 volumi, in particolare dal 1889. Per il periodo precedente si possiede, tuttavia, soltanto un volume, che accorpa le deliberazioni del solo Consiglio Comunale ricomprese tra il 17 agosto 1871 e il 3 dicembre 1873.
Il Consiglio comunale delle origini, disciplinato dalla Legge 20 marzo 1865 n. 224, si riuniva in via ordinaria due volte l’anno, di cui una in primavera e l’altra in inverno. Mentre in quest’ultima sessione doveva eleggere i membri della Giunta, deliberare sul bilancio, nominare i revisori dei conti, in quella primaverile rivedeva e formava le liste elettorali, esaminava e approvava il consuntivo dell’anno precedente. Sia nell’una che nell’altra sessione poteva deliberare in ordine a diversi altri argomenti, che interessavano la vita civile della città e della sua popolazione.
Il primo verbale disponibile si riferisce al Consiglio comunale riunitosi in convocazione straordinaria giovedì 17 agosto 1871, sotto la presidenza del sindaco Domenico Diamanti. Tale organo era composto di 20 consiglieri, compreso lo stesso sindaco, di cui si riportano i nomi: Luigi Ciceroni, Leopoldo Cioccolani, Nicola De Angelis, Giovan Battista De Santis, Domenico Diamanti, Giovan Battista Grappelli, Luigi Kambo, Nicola Marchioni, Giacinto Narducci, Vincenzo Orlandi, Vincenzo Passerini, Eugenio Pesci, Gaetano Pesci, Francesco Ricci, Filippo Simeoni, Giuseppe Sodani, Francesco Tagliaferri, Cesare Tesori, Cesare Troccoli, Filippo Turriziani.
Nella surriferita occasione, il massimo consesso comunale si è occupato, tra le altre materie, della completa attuazione dell’istruzione primaria sia maschile che femminile (scuole elementari), dell’istituzione di una scuola tecnica, del riordinamento delle carceri e del relativo personale.
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